Mi è avvenuto di esaminare, nello studio di Giorgio Spada, una serie di dipinti in cui l’artista ha riversato una propria fantasmagorica memoria di un viaggio a Venezia durante il quale l'aveva evidentemente colpito, più che la luce vagante in liquidi cristalli o il barbaglio solenne d'ori bizantini, quel senso affollato di storia che s'ammassa nelle botteghe dell'antiquario, scivola nei rivoli d'antiche erosioni della pietra, o riemerge in cupe tristezze di carnevale. Naturalmente, per un artista come Spada, intriso degli umori terragni e a volte aspri della sua terra di Romagna, l'andar per simboli non significa mai astrarre, o disperdere l'immagine in significazioni oniriche e sfuggenti.

Tanto più il suo occhio s'affissa sull'oggetto inserito nel gioco delle allusioni, tanto più è il brivido materico, una memoria del concreto, direi, ad emergere in superficie: dando luogo non a divagazioni di improbabile citazionismo. ma a riscontri non fuggitivi con la realtà della memoria presente.

Così alcune di queste opere da un lato venivano a saldare le nuove acquisizioni di linguaggio con quanto io potevo ricordare delle ricerche compiute dall'artista negli anni Sessanta e, dall' altro, proiettavano queste immagini in quella sorta di territorio dell' improbabilità, e della ambiguità, che l'artista esplora nell'oggi alla ricerca dei fantasmi delle antiche certezze o, per dirla in termini diversi, degli agganci con la propria storia e con la propria tradizione, per quanto consunte queste possano apparire alla luce violenta dell'età elettronica. Giorgio Spada infatti si ricollega. con un brivido profondo di nostalgia, alle odierne ricerche che si danno nel segno dell'arte colta. Nel contempo rivisita se stesso. ritrovando l'attualità inattuale delle cose e dei segni minacciati da quella “tentazione dell' informale” di cui parlò De Grada. Ciò vale a distinguere Giorgio Spada, va detto, dai pittori di mera tradizione romagnola. Tuttavia questa tentazione dell'informe, del non dichiarato, resta tale, cosicché l'immagine di Spada si trova come in oscillazione: non nega le sue radici figurali, ma non le assume nei modi mimetici del naturalismo ne in quelli ideologici del realismo, evitando anche il rischio di un distaccato gioco dei simboli. Il risultato, raffinatissimo, si fa intrigante per cumulo di allusioni formali che vanno dalla vera e propria operazione di scrittura al recupero del segno graffito fino alla pittura a tutto campo, come nella “Vetrina dell'antiquario”. Su tutto grava una sorta di allucinazione morbida, che resta anche laddove l’immagine -come nel dipinto “la porta” - è portata in primo piano fuori di ogni scalare prospettico, quasi in una memoria 'pop' o iperrealista. In effetti la pittura di Giorgio Spada non cessa mai di essere tonale, intessuta di vibrazioni propriamente pittoriche e quindi immersa in una atmosfera che ha tutta l'irrealtà, e tutta la forza d'impatto, delle cose dipinte secondo un intento che è prima formale che descrittivo, prima 'poetico' che didascalico. Ecco perchè le cose migliori di Giorgio Spada restano quelle che si ricollegano per via diretta e riconoscibile alla sua storia di artista non alieno dalle sperimentazioni e non timoroso delle fratture -ricordo quanto ne scrisse Marcello Azzolini presentando una sua mostra di 'collages' -ma sempre capace di recuperare alla sintesi dello specifico pittorico anche le più azzardate incursioni nel magma linguistico, pacificando in una alta dimensione metaforica le tensioni dell'immagine. Queste restano, pulsanti d'inquietudine, ma sono tenute rigorosamente all'interno di rari equilibri formali, cosicché l'opera appare ferma ed unitaria nello stesso tempo in cui s' avverte ardita sul piano linguistico, il solo che nella pittura di Giorgio Spada ammetta scarti e trasgressioni.

Per quanto riguarda il rapporto con l'oggetto delle sue 'riflessioni' -si tratti di un personaggio, di un ambiente o di una 'cosa' - esso è sempre portatore di una presenza-assenza, in quanto non v'è mero rispecchiamento in queste immagini, ma neppure astrazione o dimenticanza. La memoria presente agisce come strumento d' evocazione fantastica (di fantasmi poetici) ed io credo si possa affermare che questo artista fissa nei termini labili ma imperiosi della poesia pittorica una realtà in cui l'irreale gioca il ruolo di attivo polo dialettico dando luogo a una immagine perennemente svariante, ricchissima di implicazioni, di riferimenti e di allusioni a ulteriori possibilità espressive. Sarebbe perciò un errore, come dicevo al principio, leggere le opere di Spada in termini solo figurali o soltanto fantastici (intendo l' astrazione della fantasia). Esse sono testimonianze di una ricerca che non si può concludere, in quanto propone non risposte ma sempre nuovi interrogativi.

Credo che per meglio spiegarmi potrei citare, a proposito di Giorgio Spada, il pensiero di Pascal in cui si dice che noi non ricerchiamo le cose, ma la ricerca delle cose.

 

Franco Solmi